Master Tarot: la struttura – Prima parte
Con vero piacere presentiamo ai nostri lettori la prima parte di un saggio di Dario Distefano, esperto studioso del simbolismo dei Tarocchi. Si tratta di una profonda chiave di interpretazione del “Master Tarot” del Maestro Prembhodi (Mario Montano). Le altre tre parti verranno pubblicate nei prossimi numeri de “Le Ali di Ermes”.
Introduzione
Ho incontrato il Master Tarot alcuni anni fa, era il 1998, partecipando ad un seminario tenuto da Prembodhi Mario Montano ideatore ed autore di questo nuovo mazzo di tarocchi, disegnato da Amerigo Folchi.
Conoscevo Prembodhi come autore del mitico “Il Tarocco Intuitivo” gloriosa edizione ReNudo degli anni ’70, libro che mi aveva dato la spinta ad iniziare il mio viaggio con i tarocchi Rider-Waite.
Preparandomi per quel seminario, immaginavo che il Maestro di cui si occupava questo nuovo mazzo di tarocchi fosse Osho ma, in quel periodo, c’era una frase che mi ronzava in testa, una frase che riguardava si la mia vita ma soprattutto il mio lavoro con i tarocchi: “Se un cieco guida un altro cieco, entrambi cadono nel fosso”.
Quando durante una delle prime sessioni raccontai questa cose al gruppo, Prembodhi tirò fuori dal mazzo appunto la carta n. 29 “I ciechi” con il versetto 34 del Vangelo di Tommaso: “Se un cieco guida un cieco, finiranno per cadere in un buco”.
Il Maestro di cui si parla e a cui è ispirato questo lavoro è il Maestro Gesù, la sua vita, le sue azioni e i suoi detti. Gesù come Maestro, non come fondatore di una religione o di una teologia, ma caso mai come archetipo del dio interiore, del vero Sé o del Volto originario come preferite chiamarlo.
Una scelta sicuramente coraggiosa e provocatoria quella di Prembobhi: ispirarsi a Gesù per un nuovo mazzo di tarocchi mentre la chiesa di Roma lancia e rilancia le sue periodiche crociate contro astrologia, cartomanzia e simili. Scelta coraggiosa tant’è che il Master Tarot, opera di due autori italiani, lo stesso Prembodhi Mario Montano e l’artista Amergo Folchi disegnatore di altri mazzi di tarocchi, è stato stampato in Germania dalla Urania Verlag nel 1996 in edizione bilingue, inglese e tedesco, forse perché in Italia nessuno si sentiva di affrontare questo rischio editoriale.
Secondo le intenzioni dell’autore, almeno dalle cose scritte sul libretto di istruzioni per il gioco e dalle cose dette durante i due seminari a cui ho partecipato, il Master Tarot è da una parte un mazzo di tarocchi per chi vuole “percorrere una via spirituale,… la vita come un viaggio spirituale, un’avventura della coscienza e una grande chance…” dall’altra è un riandare alle proprie radici culturali, ai propri miti fondanti, al proprio mito fondatore come lo chiama Jodorowski.
La storia di Gesù, la sua vita, le azioni, le parabole, i detti, la morte e la resurrezione sono stati, e in buona parte lo sono ancora, per noi europei ed occidentali il primo e a volte unico approccio alla spiritualità. Si tratta di guardare questa storia e ascoltarla con occhi e orecchie nuove, non condizionate dall’abitudine, dal dogma o dal rifiuto del dogma. Le storie e i detti di Gesù possono essere raccontate e vissute con lo stesso spirito di rispetto, di ricerca e di novità con il quale alcuni di noi si sono avvicinati alle storie e ai detti di altri maestri e di altri fondatori.
Qualche anno dopo questi incontri con il Master Tarot che hanno significato anche per me ri-leggere, ri-vedere e ri-ascoltare la storia che lo sottende, entrando in libreria, vedo il libro appena uscito di un altro maestro di tarocchi, oltre a tutto il resto, Alejandro Jodorowsky: “Vangeli per guarire”. La lettura di quel libro mi ha allargato la visione rispetto allo stesso Master Tarot e questo mio scritto vuole fornire, con tutti i miei limiti che sono tanti, alcuni spunti per un primo approccio a questo mazzo di tarocchi.
LA STRUTTURA DEL MAZZO
Il Master Tarot segue la divisione tradizionale dei tarocchi classici: ventidue arcani o Carte Maggiori numerate in numeri romani da 0 a XXI; quaranta arcani o Carte Minori numerate in numeri arabi da 1 a 40; sedici figure o Carte della Gente non numerate e divise in 8 personaggi maschili e 8 femminili.
Le Carte Maggiori sono direttamente ispirate alla vita di Gesù ma riguardano la vita di ognuno di noi: attraverso le fasi, gli avvenimenti e l’esperienza di quella vita possiamo trovare il senso e il significato della nostra vita individuale e di ogni singola fase che stiamo attraversando, ben sapendo che il percorso non è retto e lineare, o almeno noi lo percepiamo così mentre stiamo vivendo.
Questo percorso comincia dalla Carta n. 0, la Cometa, e finisce con la carta n. XXI, la Galassia. Entrambe le carte ci riconnettono immediatamente ad un tutto molto più vasto e onnicomprensivo. Spesso dimentichiamo, nella nostra presunzione egocentrica, individuale e di genere, che facciamo parte di un tutto interdipendente e se è vero che un “battito d’ali di una farfalla da una parte può provocare un uragano da qualche altra parte”, sarà anche vero che la vita e la morte su questo pianeta, in questo sistema solare, dipendono e a loro volta agiscono su qualche altro pianeta, in un altro sistema solare. E che i mondi sono interconnessi non solo in senso fisico e spaziale ma “milioni di universi danzano sulla capocchia di uno spillo”. Sono indicazioni di estrema umiltà ma anche di estrema responsabilità.
La struttura di base
Le successive quattro Carte maggiori ci parlano della condizione di base della nostra esperienza umana: I) il Figlio dell’Uomo; II) l’Angelo; III) la Madre; IV) il Padre.
La singola vita individuale che inizia il suo percorso di incarnazione; il suo annuncio e la sua “vocazione” come la chiama J. Hillman rifacendosi al mito greco del daimon; la Madre e il Padre nelle bellissime parole di A. Jodo: “Come capire che i bambini non “vengono” al mondo, ma è il mondo che li crea? Come capire che i nostri genitori sono in effetti i nostri genitori, ma sono soprattutto un canale? Dietro di loro vi sono il Padre Eterno e la Madre Cosmica. Come capire che abbiamo uno scopo anche se non lo conosciamo? Come capire che nasciamo perché l’universo ha bisogno di noi? Un frutto nasce perché è necessario, questo è quanto: ignora che l’uccellino se lo mangerà. Che ne sa della propria finalità?” (Vangeli per guarire p. 102/103)
È la forza e la stabilità del quaternario quella di cui si parla nelle Carte Maggiori da I a IV, così come nei tarocchi classici, il Mago, la Papessa, l’Imperatrice e l’Imperatore. E quale disequilibrio quando qualcuna di queste quattro fasi è debole, poco presente o addirittura assente.
La presenza e il giusto equilibrio tra questi quattro momenti forma veramente “la sacra famiglia” o se preferite “la fiducia di base”.
Dal Tempio alla Tentazione
Procediamo ancora con le prossime quattro Carte: V) il Tempio; VI) il Profeta; VII) Maddalena; VIII) la Tentazione.
Il Tempio è là dove incontriamo il sociale e dove il sociale comincia a dettare le sue regole, a porre i limiti e le limitazioni: è un luogo chiuso con grandi colonne. Ha anche una sua utilità visto che tutte le culture umane hanno costruito dei “tempi” ma poi ci si dimentica che sono stati costruiti perché servono a qualcosa e non perché debbano essere serviti.
Fuori da tempio, in mezzo alla natura, con addosso ruvide vesti e i capelli incolti c’è il Profeta, Giovanni il Precursore, che tiene in mano una ciotola contenente acqua e fuoco.
Il numero VI dell’equilibrio e dell’incontro dello yin e dello yang, del battesimo con l’acqua e del battesimo con spirito e fuoco.
Secondo Jodo “Giovanni è l’emergenza del nuovo. La persona che annuncia una qualsiasi novità nella nostra vita è il Giovanni che è dentro di noi”. (Vangeli per guarire p. 79).
Al numero VII, che nei tarocchi tradizionali è il Carro, carta tutta maschile di vittoria e determinazione, troviamo invece Maddalena con i suoi grandi occhi aperti, la folta chioma intrecciata, la linea diritta del naso, la bocca carnosa, il lungo e forte collo, la figura che risalta sullo sfondo rosso. La determinazione del femminile che non rinnega se stesso, Maddalena che non rinuncia all’amore, Maddalena dalla quale Gesù caccia sette demoni rendendola completamente libera e fluida, Maddalena sposa mistica di Gesù secondo alcune tradizioni gnostiche, Maddalena che sarà la prima a vedere Gesù risorto e che, avendolo annunziato ai discepoli, non verrà creduta o che, secondo Giovanni, dapprima confonde Gesù risorto con l’ortolano.
Dopo la Carta III, la Madre, Maddalena è il secondo potente archetipo femminile di questo Master Tarot e, credo, la sua collocazione proprio al n. VII voglia indicare il mutamento di coscienza che sta, o meglio, deve avvenire nel mondo dove la forza maschile del VII sempre di più rischia di divenire distruttiva se non assunta dal femminile e dove, in accordo con questo, l’equilibrio e l’unione tra maschile e femminile, acqua e fuoco, deve essere assunto dalla forza maschile del Profeta, Carta n. VI.
Carta che è il secondo archetipo maschile dopo la n. IV, il Padre, creando così una simmetria tra Madre/Padre (III e IV) e Profeta/Maddalena (VI/VII). Se provate a disporre le carte formando un quadrato con Madre e Padre sopra e Profeta e Maddalena sotto, risulta visibile come reciprocamente maschile e femminile si intrecciano e si fecondano. E se immaginate di inserire dentro questo quadrato la carta n. V, il Tempio, tra la prima e la seconda fila, avrete una immagine del percorso che ognuno di noi, in forme e modi magari diversi, deve percorrere per la propria individuazione: dalla struttura familiare che sorregge ed è sorretta dal tempio, norme regole, tradizioni, all’incontro con la possibilità di seguire il proprio cammino individuale grazie all’incontro con il Profeta (spirito, azione, rivolta) e Maddalena (anima, eros, accettazione determinata).
Questi incontri che possono verificarsi in qualsiasi momento della nostra vita e sotto qualsiasi forma, preludono, in genere, all’incontro più difficile, alla Tentazione del nostro ego.
La Tentazione, Carta n. VIII deve essere guardata attentamente.
Una serie di linee circolari, come un vortice, formano due cerchi a forma di otto nella cui metà inferiore predominano delle linee rosse e in quella superiore linee grigie.
All’interno del cerchio superiore si notano tre volti o, meglio, lo stesso volto ripetuto tre volte. La barba e i capelli di questi volti formano una sorta di spirale con linee gialle. I volti sono severi ma sereni. Il volto centrale ha gli occhi aperti, gli altri due sembrano averli chiusi.
Nel cerchio inferiore si notano dei volti e delle mani. L’impressione è che dopo un faccia a faccia con la parte superiore, la metà inferiore si allontani sconfitta.
I tre volti richiamano le tre diverse tentazioni a cui si sottopose Gesù nel deserto, subito dopo l’incontro con Giovanni e dopo quaranta giorni di digiuno.
La prima tentazione fu quella di trasformare i sassi in pane per sfamarsi; la seconda quella di lanciarsi dalla torre del tempio di Gerusalemme per poi farsi sorreggere dagli angeli; la terza quella di adorare il tentatore in cambio della gloria del mondo.
Ma chi è il Tentatore, in che cosa consiste la Tentazione?
Il tentatore, il diavolo, è colui che divide (dia-ballein), è la nostra parte divisa, la nostra parte Ombra, è il nostro ego che si sente diviso dal tutto e vuole affermare il proprio egocentrismo. In definitiva, potremmo dire che siamo noi che tentiamo noi stessi, perché solo noi sappiamo bene quali sono i nostri punti deboli, i nostri desideri, le nostre paure, le nostre pulsioni profonde. Non sapere nel senso razionale, logico, intellettivo, ma sapere nel profondo dove a volte non ci sono neanche parole per definire.
È una lotta con noi stessi, ma non dovremmo evitarla, dovremmo accettare il faccia a faccia, dobbiamo osservare, guardare, esercitare la nuda attenzione, dobbiamo imparare a disidentificarci, non fuggendo o negando o rimovendo, ma osservando semplicemente.
Se c’è rabbia osserviamo la rabbia, se c’è dolore osserviamo il dolore, se c’è piacere osserviamo il piacere, se c’è assenza di sensazioni piacevoli o spiacevoli osserviamo questa assenza.
“È l’accoglienza senza ego. Ha vinto se stesso, ha scoperto la sua ricchezza interiore” (Vangeli per guarire p. 174).
Bene, per il momento ci fermiamo qui.
Dario Distefano