Buddhismo tibetano

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Il Maestro ed io

di Alberto Russo

 

   Quando nel ’68 si sognava la rivoluzione, mi si poteva trovare in librerie alternative a cercare libri sullo yoga: predestinazione, karma, effetto di frustrazioni adolescenziali? Tant’è, in ogni caso cercavo un maestro!Cercare non vuol dire trovare, finchè un giorno (nove anni intanto se ne sono andati), in treno, un ragazzo canta al finestrino in una lingua sconosciuta: era tibetano, ed erano mantra; scambi di telefoni e.....così inizia la mia vita nella Comunità Dzogchen.

Il maestro si chiama Namkai Norbu, lo conosco nel 1978 e capisco che la mia ricerca è giunta al termine. Norbu è fuggito dal Tibet, come tutti coloro che ci sono riusciti, nel 1959, anno in cui è stata completata l’invasione cinese iniziata nel 1953. Aveva vent’anni e aveva seguito, dopo aver studiato con alcuni dei più importanti maestri del Tibet, gli insegnamenti del maestro dzogchen Changchub Dorje. Incontra  Giuseppe Tucci (il famoso orientalista italiano) e diviene collaboratore dell’Istituto del Medio ed Estremo Oriente (ISMEO), fino ad avere una cattedra all’Istituto Orientale dell’Università di Napoli. Per anni si limita a trasmettere cultura, fino a quando le insistenze dei suoi studenti lo convincono a trasmettere “insegnamenti”. Quando l’ho incontrato viveva a Formia, con la moglie italiana e i due figli.

   La Comunità dzogchen, oggi diffusa in gran parte del mondo, era di là da venire ed i primi “ritiri” di insegnamento e pratica si svolgevano in campeggi e alberghi. Come quello del Monte Faito, nella penisola sorrentina, del 1980 (il primo a cui ho partecipato). Sembrava un pò un raduno di ultimi hippies, si respirava un’atmosfera di grande libertà; forse troppa per le nostre capacità.....per cui il Maestro ritenne che fosse il caso di acquistare una terra dove far sorgere un centro autonomo. Così è nato Merigar, sull’Amiata, il primo dei vari Gar (centri) della Comunità.

    Ma cos’è mai questo Dzogchen? Si tratta in un antico insegnamento sviluppato nell’ambito del buddismo tibetano, il veicolo più elevato (dzogchen: totale perfezione). Difficile spiegare in poche righe; io poi non sono uno studioso e tanto meno un praticante zelante. Posso riassumere le parole del Maestro (Merigar, 1985): l’insegnamento dzogchen è la via dell’autoliberazione, anche conosciuto come atiyoga; si basa sulla conoscenza dell’esistenza ed è quindi legato alla mente. La via dell’hinayana è legata al corpo, il tantrismo all’energia, lo dzogchen alla mente. Semplificando: l’hinayana si basa sull’osservanza di una serie di norme (via della rinuncia), il tantrismo sulla trasformazione delle azioni impure in azioni pure (via della trasformazione), nello dzogchen non vi è nulla da modificare (via dell’autoliberazione).

    Ogni veicolo ha la stessa finalità: riconoscersi nella “natura della mente”. Cambiano solo i mezzi  ed ogni praticante deve scegliere quelli a lui più congeniali: non c’è un veicolo superiore ad un altro! Le pratiche servono a calmare la mente, fino ad interrompere il flusso del pensiero discorsivo e giungere così a riconoscere la vera natura del tutto: la vacuità.

    Durante l’arco dell’anno il maestro Namkai Norbu dà insegnamenti in qualche centro dzogchen del mondo; di solito in luglio e agosto si trova in Italia, a Merigar. Vi sono gruppi locali in varie parti d’Italia, ma non in Sicilia (almeno che io sappia).

   Cosa è cambiato in me seguendo questo insegnamento? Mah, per rispondere sarebbe necessaria una controprova: 25 anni senza insegnamenti, un’altra vita. Posso però dire con certezza di essere estremamente grato al Maestro per quanto mi ha dato e di considerare una grande fortuna aver avuto la possibilità di incontrarLo. Bene, questa è una testimonianza; ringrazio di cuore Pippo per avermene fornito l’occasione e....baci a tutti.

Alberto Russo

 

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Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011