|
A cura del Centro Yoga Shanti, associazione culturale per lo studio e la diffusione della filosofia Yoga Sito web: www.centroyogashanti.org Dicembre 2003
L’essenza
dell’insegnamento “L’unico aiuto che vale la pena di dare è quello di liberare dal bisogno di ulteriore aiuto” di Pina Bizzarro
Quando tre anni
fa mi sono iscritta all’ISFIY (Istituto
Superiore di Formazione Insegnanti Yoga), durante il colloquio di ammissione, mi
è stato chiesto perché volevo fare l’insegnante di Yoga. Ho risposto dicendo che volevo essere come un
catalizzatore, un “enzima” che stimola il bisogno, l’urgenza di cercare un
sentiero che consenta ad ognuno di affinare ed ampliare la propria
consapevolezza. Adesso, dopo la mia breve esperienza vissuta grazie anche alla
disponibilità di tutti Voi, sento quella risposta ancora
più vera.
Lo
Yoga è un percorso che porta alla semplicità e, complicati come siamo,
avvertiamo la semplicità come qualcosa che ci è estraneo; siamo diventati
troppo “sofisticati” per apprezzare la bellezza che si accompagna alla
semplicità.
Se diventiamo
abbastanza sinceri con noi stessi possiamo notare che le nostre osservazioni
sono alterate dalla speranza, dal desiderio, dalla paura. Sono un’infinità le
menzogne non confessate che stanno alla base del nostro modo di pensare e non ci
rendiamo conto che la mente è diventata molto complessa, pesantemente
condizionata; è uno strumento sul quale non si può contare per elaborare le
informazioni che ci giungono dal mondo esterno.
Lo Yoga può
essere paragonato ad un diamante purissimo, che risplende di una luce
abbagliante e che ha innumerevoli sfaccettature, ognuna delle quali, pur
riflettendo tutte le altre, rivela la verità centrale.
Esaminiamo una di
queste sfaccettature. L’uomo non è solo un corpo, una forma, un nome con il
quale si è identificato; non è nemmeno solo una mente, che è essenzialmente
un composto di varie immagini alle quali la memoria dà un senso di continuità.
Ciò che egli è, il suo Sé, così come ci dice anche la filosofia Vedanta, non
può essere definito in termini positivi, perché questi derivano sempre e
dipendono dalla struttura corpo-mente. La famosa frase “Neti Neti” vuol dire infatti “né questo, né quello” , per
indicare che tutto ciò che noi definiamo attraverso le parole e i concetti non
è sicuramente il nostro vero Sé.
Il Sé comprende
le parole e i concetti, ma le parole e i concetti non possono comprendere il Sé.
Il piccolo non può contenere il grande!
Ecco perché
occorre saper discriminare (Viveka),
conoscere bene la propria struttura per rendersi conto che bisogna cercare oltre
la propria mente. La concentrazione e la meditazione sono strumenti meravigliosi
per addentrarsi dentro la propria essenza, mantenendo quella sensazione di “essere”,
che tutti gli esseri umani hanno in comune. Quella sensazione di “essere”
che non cambia mai. Questo mese celebriamo il Natale che, oltre ad essere diventato un inno al consumismo, simboleggia la nascita di una nuova consapevolezza. Gesù è venuto al mondo per testimoniare la grandezza Cosmica, quell’essenza originaria che anima tutti noi, qualunque sia il nome che gli attribuiamo. Vi auguro un felice e sereno Natale e un nuovo anno che possa portare la pace nel cuore di tutti. Pina
Bizzarro
L'eterna perfezione assopita in noi (tratto
dal discorso introduttivo per la presentazione del nuovo corso di Yoga a Comiso)
…. Noi ci ritroviamo qui a parlare di Yoga, di ricerca interiore perchè
abbiamo intuito che i piaceri che derivano dal mondo che si sperimenta
ordinariamente non possono darci la vera felicità. Il potere, il denaro, il
divertimento ci appagano solo temporaneamente e subito dopo ci ritroviamo sempre
con quel senso di vuoto, un vuoto maledettamente doloroso. Lo yoga è una via
(una delle tante) che ci propone un metodo per riempire quel vuoto, per
liberarci dalla sofferenza. I grandi Saggi del passato hanno visto che la realtà
ordinaria, duale, quella che i nostri sensi ci fanno percepire non potrà mai
portarci verso la felicità assoluta (ANANDA) e per questo ci hanno indicato un
metodo per trascendere la nostra limitata coscienza ordinaria. Ci hanno detto
che la mente è l’ostacolo principale poiché ordinariamente è estremamente
distratta, bersagliata e dispersa dai mille stimoli che provengono dai nostri
sensi. Yoga vuol dire “unione” e secondo Patanjali significa riunire,
unificare le energie del corpo e della mente in modo da farle andare nella
stessa direzione. (yoga deriva da “yug”, ed originariamente pare fosse
associata al giogo che veniva usato per tenere insieme i buoi mentre trainavano
il carro. Il giogo univa le due forze motrici e impediva agli animali di andare
in direzioni diverse). Questa direzione è la liberazione, il Kaivalya,
la ri-unione con il Sé universale (il Sé è la nostra vera identità
contrapposta invece all’io della realtà ordinaria, duale). Questo nostro vero Sé è stato definito SAT-CIT-ANANDA. SAT: esistenza
assoluta, CIT: coscienza assoluta, ANANDA:
beatitudine assoluta. Questo Sé è
immutabile, è al di là della dimensione spazio-temporale, perciò è sempre
presente, anche ora mentre leggiamo queste righe, anche se la nostra mente è
dispersa e per questo non riusciamo ad averne coscienza. E’ come un diamante
rinchiuso in uno scrigno. Noi vediamo solo l’involucro, ma sappiamo che è lì.
E’ l’eterna perfezione assopita in noi.
Patanjali
(intorno al III sec. d.C.) ha raccolto l’insegnamento che fino ad allora
veniva tramandato oralmente (lo yoga perciò esisteva anche prima di Patanjali.
Sono state ritrovate delle tracce di una civiltà molto fiorente della valle
dell’Indo risalente a più di 5000 anni fa che pare conoscesse le posizioni
yoga). Il lavoro di Patanjali, gli “Yoga
sutra” è un opera fondamentale, ed è diventata uno dei 6 sistemi
filosofici Indiani. E’ stato definito raja yoga , yoga classico e scienza
dello yoga (Patanjali non ci chiede di credere per “fede” ma ci presenta un
metodo scientifico). Il testo è molto sintetico (194 sutra divisi in 4 libri -
“pada”). I sutra sono quasi dei pro-memoria e fanno un’analisi
precisa della nostra natura mentale. Ci dà la definizione dello yoga, ci indica
gli ostacoli, le trappole mentali. Nel secondo pada parla delle famose 8 tappe (da yama e nyama al samadhi) che il
praticante deve raggiungere per arrivare alla realizzazione del Sé.
Per
concludere il nostro discorso volevo citare un paio di sutra. Patanjali inizia
la sua opera (I° sutra del I° libro) dicendo: Atha
yoganusasanam. “Atha” vuol dire inizio di buon auspicio, vuol dire
prepararsi per un viaggio fruttuoso. “Sanam” vuol dire disciplina, seguire
un ordine, essere sistematici. Lo
yoga è essenzialmente esperienza che si compie attraverso la pratica.
Una delle interpretazioni di questo sutra è propria quella in cui Patanjali ci
invita a fare ora la pratica, di metterci
ora sul tappetino e lavorare per raggiungere questo obiettivo così elevato,
che altro non è che lo scopo della nostra stessa vita. Prima di fare tutte le
varie considerazioni mentali, ci invita a sperimentare in prima persona, poiché
lo yoga non è aggiungere altra conoscenza mentale a quella che si ha già, ma
anzi è un togliere, smussare tutte le sovrastrutture del mentale. Le stesse
parole creano separazione, creano etichette che limitano la realtà. Nel II° pada (sadhana pada) Patanjali riprende l’importanza della pratica e ci parla del Kriya Yoga, lo yoga pratico (secondo alcuni autori questa è la parte più originale del suo lavoro). Sottolinea che il Kriya yoga si fonda su due pilastri: L’abhyasa (l’esercizio costante) e vairagya (non attaccamento, il lasciare andare). Nell’abhyasa emerge l’importanza del Tapas (fuoco, ardore per la ricerca, disciplina, austerità). Dobbiamo sentire dentro di noi questo fortissimo desiderio, un grande ardore che deve farci superare tutte le nostre pigrizie. Incontrarci per fare insieme la nostra pratica deve essere un appuntamento molto importante: dobbiamo collocare questo impegno tra i primi posti delle nostre attività. La nostra pratica deve essere continua, come le gocce d’acqua e deve essere fortemente voluta, deve essere vissuta con tapas. p.b.
il
Prana
Il prana sta allo
yoga come l’elettricità alla nostra civiltà. Immaginiamo che la macchina di
Wells per risalire il tempo, duemila anni prima della nostra epoca, ci porti
alla presenza di uno Yogi. Figuriamoci di descrivergli la nostra civiltà con
aeroplani, il telefono, la radio, la televisione, gli aspiratori, i frigoriferi,
le auto, senza dimenticare i satelliti e i razzi spaziali, mettendoci pure le
lampadine tascabili, i cervelli elettronici, i tram e i frullatori
,“dimenticando” però di parlargli dell’elettricità: egli si farebbe
un’idea assai falsa della nostra civiltà.
Non
comprenderebbe nulla del suo motore essenziale, di quell’energia elettrica che
anche noi dimentichiamo, a meno che non capiti un’interruzione di corrente!
Allo stesso modo,
ignorare o misconoscere l’esistenza del Prana, della sua azione sul nostro
organismo, il modo di immagazzinarlo, di dirigerlo secondo la nostra volontà,
significa ignorare il vero Yoga. Non c’è dubbio che è possibile praticare
gli asana senza preoccuparsi del prana, in quanto le posture assicurano quasi
automaticamente l’equilibrio pranico senza che l’allievo/a se ne debba
preoccupare. Cos’è il Prana?
Ma cos’è
questo “Prana”? Una forza occulta, misteriosa, fonte di miracolosi poteri?
Dice Swami
Sivananda: “Prana è la somma di tutte le energie contenute
nell’universo”. Vastissimo!
Per gli Yogi
l’universo è costituito di Akasa,
l’etere cosmico, e di Prana, cioè
l’energia. Tutte le forme della materia nascono quando Prana agisce su Akasa.
In sostanza, questo concetto corrisponde a quello della nostra fisica nucleare
che considera qualsiasi materia come energia “arrangiata” in maniera
diversa. La scienza non ammette la nozione di etere… perlomeno
provvisoriamente.
Quando scriviamo
Prana con la maiuscola intendiamo designare questa Energia Cosmica presa nel suo
insieme, mentre prana con la minuscola ce ne indica le sue manifestazioni. Prana,
quindi, è l’energia universale indifferenziata, mentre prana è l’energia
differenziata in qualsiasi forma si manifesti. Il magnetismo è una
manifestazione di prana, esattamente come l’elettricità e la gravitazione.
Tutto quel che si muove nel nostro universo manifesta Prana: il vento soffia, la
terra trema, l’ascia si abbatte, l’aereo decolla, la stella esplode e il
filosofo pensa. Il Prana è universale.
Noi esistiamo in
un oceano di Prana del quale ogni essere vivente è un vortice. Secondo gli Yogi,
ciò che caratterizza la vita è proprio quella capacità di attirare del prana
dentro di sé, di accumularlo e di trasformarlo per agire nell’ambiente
interno e nel mondo esterno. Come mai si usa il termine “Pranayama” invece che quello di “energia?”
Per noi
Occidentali il termine “energia” esprime un concetto meno vasto e troppo
materiale. Per gli Yogi, il pensiero stesso è una forma più sottile di prana:
per l’Occidentale, energia è qualcosa di fondamentalmente diverso. Diciamolo
pure: la nostra energia è troppo industriale. Secondo gli Yogi il prana è
presente nell’aria; nonostante ciò, esso non è né l’ossigeno, né
l’azoto, né alcuno degli altri componenti chimici dell’atmosfera. Il prana
esiste nel cibo, nell’acqua, nella luce del sole; con tutto ciò, non è né
le vitamine, né il calore, né i raggi ultravioletti. L’aria,
l’acqua, gli alimenti, la luce solare veicolano il prana da cui dipende
qualsiasi vita animale e persino vegetale. Il prana penetra tutto il
corpo, persino là dove l’aria non può arrivare. Il prana è il nostro vero
nutrimento, perché senza di esso, non è possibile la vita.
Lo stesso
dinamismo vitale non sarebbe altro che una forma particolare e sottile di prana
che riempirebbe tutto l’universo. La vita latente impregnerebbe in tal modo
l’intero cosmo e, per potersi manifestare sul piano materiale, lo Spirito si
servirebbe del prana per animare il corpo e i suoi vari organi. Fino a questo
punto, non intacchiamo troppo le moderne teorie occidentali. Gli Yogi, comunque,
si spingono oltre l’affermazione dell’esistenza di questa energia che nessun
fisico nucleare può negare.
I Rishi (Saggi)
proclamano – e ciò costituisce la base dello Yoga- che il prana può essere
immagazzinato e accumulato nel sistema nervoso, più particolarmente nel plesso
solare. Essi, inoltre, pongono l’accento sulla nozione capitale
ed essenziale che lo Yoga ci dà la possibilità di dirigere a volontà
questa corrente di prana mediante il pensiero.
In tal modo lo
yoga offre un accesso cosciente e volontario alle stesse sorgenti della vita.
L’essere umano
è permanentemente soggetto all’impatto delle energie del cosmo che
rovescia su tutti noi torrenti di prana. Il sole ne è la sorgente più vicina,
e i raggi cosmici esercitano sugli esseri viventi un’influenza ancora mal
determinata, ma indubbiamente importantissima. D’altro canto, la terra, che
assorbe e immagazzina questa energia, costituisce un secondo polo. L’organismo
umano, vibrante sistema elettrico, è la sede di incessanti scambi con le
energie cosmiche e telluriche che lo circondano. Dobbiamo evitare di isolarci
dietro schermi quali muri, finestre, indumenti sintetici e calzature. I polmoni
e la pelle sono le nostre superfici di scambio con il mondo esterno. Facciamo
uno scambio di prana mediante la nostra pelle e i nostri polmoni, che sono delle
vere e proprie spugne per elettricità, e conduciamo questo prana fino alle
nostre cellule. Dobbiamo tener conto di quanto abbiamo detto nel nostro comportamento quotidiano; sarebbe un grave errore disconoscerlo. Il pranayama ci dà le tecniche psicofisiologiche necessarie al controllo e all’utilizzazione cosciente di queste energie per la nostra fioritura fisica e psichica.
Gli
alimenti vitali Dal
Vangelo Esseno della pace: -
Ecco, io vi ho dato ogni erba che reca
seme che è sulla superficie di tutta la terra
e ogni albero in cui c’è il frutto che produce semi: sarà il vostro
nutrimento. Abbiamo visto
che il prana è veicolato dentro
il nostro corpo dall’aria, dai raggi solari , dal cibo e dall’acqua che
ogni giorno ingeriamo. Da ciò
possiamo dedurre che più siamo in contatto con la natura e più mangiamo
alimenti ricchi di sostanze vive, più il nostro corpo diventa bello, forte,
agile e flessuoso (e la pratica degli asana verrà enormemente facilitata), la
nostra vita affettiva si
libera dalle emozioni che ci imprigionano (paure, pregiudizi, ire,
frustrazioni), la nostra mente si
libera delle sue limitazioni e la nostra vita spirituale può fiorire. L’equilibrio
della nostra fisiologia e della nostra salute fisica dipende da tre funzioni:
l’apporto nutritivo, il metabolismo e l’eliminazione. Se noi
paragoniamo il nostro corpo ad una stufa a carbone, l’apporto nutritivo è
il combustibile, il metabolismo è la combustione, l’eliminazione è
l’espulsione dei residui. Troppi o troppo
pochi alimenti, alimenti inadeguati, un “cattivo tiraggio” a causa del
rallentamento del metabolismo, un’eliminazione insufficiente, ed ecco che
ristagnano nel corpo dei rifiuti che avrebbero dovuto essere eliminati: le
tossine. La loro
presenza provoca dei sintomi (sensazioni sgradevoli) che hanno il compito di
avvertirci di questo squilibrio. Se noi facciamo
orecchio da mercante a questi segnali d’allarme, le capacità di
eliminazione dei nostri organi emuntori (fegato, reni, intestino, polmoni,
pelle) si saturano presto e compaiono dei sintomi generali di intossicazione: - sintomi
mentali: mente confusa, sensazione di frastornamento, ideazione lenta, memoria
difettosa, indecisione, ecc, ecc; - sintomi
emozionali: sensazione di stanchezza, depressione, mancanza di vivacità,
cattivo umore, ansietà, ecc, ecc; - sintomi
fisici: palpebre gonfie e appiccicate, occhi arrossati e gialli, vista
offuscata, naso chiuso, bocca impastata o secca, alito cattivo, mal di testa,
di stomaco o di altre parti del corpo, dolori, pesantezza, rigidità e
debolezza nelle articolazioni e nei muscoli, problemi alla pelle e ai capelli,
vertigini, senso di stanchezza generale,
ecc, ecc. Tutti questi
sintomi corrispondono ad un sovraccarico dei meccanismi di eliminazione del
corpo e all’inizio di un’intossicazione generale. Essi sono
particolarmente forti al risveglio
(le funzioni di eliminazione avvengono tra le 5 e le 10 del mattino). Scompaiono nel
momento in cui si consumano degli alimenti e degli stimolanti (caffè, tè,
cioccolato, sigarette, zucchero bianco, ecc.) che inibiscono il lavoro degli
organi emuntori. Si ottiene allora immediato benessere, ma a prezzo di un
aggravamento dell’intossicazione. Invece di una
tazzina di caffè sarebbe preferibile bere molta acqua, mangiare frutta,
tisane (come quelle buonissime che ci prepara Corrado), cereali in fiocchi e
usare solo dolcificanti naturali: miele, malto, zucchero di canna integrale,
frutta dolce essiccata. Quando
l’intossicazione si aggrava, sopraggiungono delle malattie acute che se
trascurate diventano croniche. Il recupero
della salute è in realtà abbastanza semplice; è sufficiente: - favorire
l’eliminazione aiutando l’organismo a disintossicarsi; - stimolare la
combustione con la pratica giornaliera degli asana e del pranayama; - riequilibrare
l’apporto nutritivo in quantità e in qualità, imparando a nutrirsi in modo
sano, magari con l’aiuto di un medico competente in materia. Gli
alimenti si possono classificare in 4 gruppi a seconda del potenziale vitale
che essi trasmettono al nostro corpo: 1. GLI ALIMENTI BIOGENICI, CHE GENERANO
LA VITA
Sono la base qualitativa ideale della nostra alimentazione.
Sono i semi, cereali e legumi germogliati.
All’inizio della loro crescita, i semi, sono molto ricchi di sostanze
che rafforzano la vitalità delle nostre cellule e permettono una loro
costante rigenerazione (contengono vitamine, minerali, oligoelementi,
amminoacidi, enzimi, ormoni vegetali,
biostimuline, ecc.). 2. GLI ALIMENTI BIOATTIVI, CHE STIMOLANO LA VITA
Sono la base quantitativa ideale della nostra alimentazione.
Sono le bacche, la frutta, le verdure, i legumi, i cereali e i semi
oleosi, maturi e consumati appena preparati. Gli alimenti biogenici e quelli
bioattivi formano la categoria degli alimenti vivi,
gli alimenti ricchi di prana. Essi sono previsti dalla natura per
assicurare la vita e il benessere dell’essere umano. Il loro consumo porta
vitalità e salute ad ogni età. 3. GLI ALIMENTI BIOSTATICI, CHE RALLENTANO LA VITA
Comprendono gli alimenti le cui forze vitali (il prana) sono state
diminuite dal tempo (alimenti immagazzinati), dal freddo (refrigerazione,
surgelamento), e da una cottura eccessiva. L’uso di alimenti biostatici è
il risultato di abitudini sociali. Il
loro consumo assicura il funzionamento minimo del nostro organismo ma comporta
l’invecchiamento delle cellule, poiché non procura le sostanze vive necessarie per la
loro rigenerazione. 4.
GLI ALIMENTI BIOCIDICI, CHE DISTRUGGONO LA VITA Sono diventati sempre più presenti nell’alimentazione occidentale. Sono tutti gli alimenti le cui forze vitali sono state distrutte dai procedimenti fisici o chimici di raffinazione, di conservazione o di preparazione. Gli alimenti biocidici sono stati inventati dall’uomo per la sua rovina. Essi avvelenano a poco a poco le sue cellule con le loro sostanze nocive. Bisogna sapere che, perfino a dosi leggere, ogni prodotto chimico aggiunto agli alimenti è tossico. I processi moderni dell’agricoltura e del trattamento industriale degli alimenti portano al nostro corpo delle sostanze che paralizzano il nostro istinto alimentare, ostacolando la nostra assimilazione e bloccando la nostra eliminazione. Essi indeboliscono a poco a poco il nostro sistema di difesa, sono la causa di molteplici problemi di salute e aprono la porta alle cosiddette malattie da “civilizzazione”.
Centro Yoga Shanti
tel. 338-8248366 - e-mail: centroyogashanti@tin.it - sito web: www.centroyogashanti.org
|
Direttore: Pippo Palazzolo Registrazione Tribunale di Ragusa n.8/96 - Direttore Responsabile: Faustina Morgante - Editore A.s.tr.um. Ragusa Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011 |