Determinismo
e libero arbitrio:
una
“opposizione” irriducibile o una “congiunzione”di due Weltanschauung
all’interno dei territori di Psiche?
di
Pia Vacante
La
lunga e articolata diatriba tra i fautori del determinismo, dell’ineluttabilità
del destino e i sostenitori del libero arbitrio ha interessato di sé il corso
del pensiero filosofico e astrologico nonché di tutte le conoscenze centrate
sull’“uomo” fin dalla nascita del pensiero occidentale in Grecia.
Anche
se è opportuno fare una distinzione sostanziale tra i Greci e gli Antigreci,
tra il mondo del mito e il mondo che partorisce la logica , “Grande Madre”di
un tipo di abito mentale la cui evoluzione ha condotto al mondo della
tecnologia, del dominio del soggetto sull’oggetto, ad un mondo che a causa
delle sue strutture intrinseche esclude dai propri fini il porre la ricerca al
servizio di scopi etici e spirituali.
Dimenticando
di ascoltare i princìpi che dimorano in Psiche, le immagini primordiali che
regolano con le loro specifiche ed insostituibili funzioni l’esistere
dell’uomo, della Terra e dell’Universo tutto.
Astrologicamente
potremmo fare riferimento ad una disfunzione per eccesso di Mercurio,
nell’asse
Mercurio-Giove
e quindi al proliferare di una forma di “mentalismo”che anziché utilizzare
la conoscenza intellettiva a
vantaggio di una realtà più ampia,sia essa la società di appartenenza o
l’intero Universo,tende a concentrarsi su se stesso egoisticamente e quasi
febbrilmente,trascurando l’ “Anima mundi”.
Premesso
ciò proporrei di fare una riflessione sulla domanda solo apparentemente banale
che sicuramente tutti noi abbiamo
tante volte ascoltato: “c’è un influsso degli astri che condiziona la
nostra esistenza, o siamo liberi di scegliere il nostro destino?”
Già
la domanda in sé pecca di impostazione, nel senso che l’aut-aut
che propone è anch’esso frutto di una tradizione dualistica, che tende a
restare tale, immutata, con l’eccezione di alcuni liberi pensatori
rinascimentali e moderni che si sono avvicinati al sincretismo, all’olismo,
alla Totalità, al superamento di ogni opposizione.
Quindi
anche quando impostiamo una domanda in siffatto modo non siamo “liberi”
pensatori, ma determinati e condizionati dalla logica della differenza e del
taglio chirurgico.
Proviamo
allora a fare un lungo passo indietro fino al tempo del mito, al tempo della
non-distinzione tra il sopra e il sotto, tra il dentro e il fuori, quando
all’interno dell’arte del Pensare non esisteva nessuna “necessità
logica” di formulare una domanda con tali modalità.
Nel
contesto dell’argomento che tratto vorrei puntualizzare che, quella che per
noi potrebbe rappresentare una “soluzione” a-posteriori della problematica,
per i Greci era uno dei caposaldi teorici fondamentali su cui si fondava la
struttura psicologica dell’Olimpo e dei suoi dei.
E’
da un Olimpo appena nascente che emerge infatti il concetto di “Amor fati”.
Zeus secondo il mito attinge al seno della nutrice
Adrastea che altri non è che Ananke, Necessità, l’ineluttabile.
Lo
stesso re degli dei intratteneva dunque un rapporto d’amore col destino, col
fato.
Adrastea
inoltre secondo Kerènyi “sedeva davanti alla grotta e con il suono del suo
tamburo metallico(strumento della Grande Madre Rea)manteneva gli uomini sulla
strada della giustizia.”
La
giustizia appare quindi come valore intrinseco di Necessità.
Il
giusto ordine del cosmo e del fato,si potrebbe dire in altri termini.
“Fu
questa la mia suprema accortezza:
io
volli ciò che io devo,
e
così costrinsi a me ogni devo,
da
allora non esiste per me alcun ‘devo’ “ .
Così
poetava uno dei più grandi interpreti della Grecità,
Esempi
concreti dell’estrema perfezione contenuta in queste parole troviamo solo
nelle figure di grandi iniziati, siano essi massimi apici dell’umana
perfezione
(Buddha)
, siano essi discesa dello Spirito nella materia
(Cristo).
Per
noi comuni mortali ovviamente questo rappresenta solo un ideale verso cui
tendere, difficilmente realizzabile in ogni attimo della vita, totalmente.
Allora
è ancora nel campo sconfinato del mito, a cui l’Astrologia, proprio perché
archetipica, appartiene, che cerco un’altra risposta, forse più adeguata al
nostro stato di esseri imperfetti.
Farò
riferimento ad un enigma che fu posto ad Omero, il quale data la sua condizione
di sapiente, per l’onta di non aver saputo decifrare l’enigma stesso morì.
Si
narra che Omero, ormai vecchio, tornato alla sua isola natale, Io, abbia
incontrato sulla spiaggia dell’isola un gruppo di pescatori che lo
apostrofarono dicendo:
“Ciò
che abbiamo preso non lo portiamo più, ciò che non abbiamo preso lo portiamo
ancora con noi.”
Il
vecchio cieco non capì che essi dopo una magra pesca si stavano spidocchiando e
ciò che non portavano più erano i pidocchi che erano riusciti a togliere dai
loro corpi.
E
per il dolore morì.
Se
interpretiamo l’enigma da un punto di vista astrologico ciò che non abbiamo
preso e portiamo ancora con noi è ciò che per omissione, per rimozione, per
paura o solo per una comprensione che non si è alleata con lo sforzo
“eroico”, non abbiamo ancora elaborato ed integrato.
Per
dirla con Liz Greene,di cui personalmente apprezzo la capacità di
teatralizzazione degli eventi psichici, tutto ciò che in una carta natale o
anche all’interno di un singolo aspetto non viene integrato “si stacca e se
ne va, e apparirà nella forma di amante, marito, moglie, figli ecc.”
E
così il pianeta, l’archetipo in questione ci costringerà ad affrontare i
contenuti che esso rappresenta.
In
questo senso, quindi, rispetto a ciò che ancora portiamo dentro come compito da
svolgere, siamo condizionati,
non-liberi,
e dire di essere condizionati dai “Pianeti”,
dalle
“sovrastrutture materiali” o dai “complessi inconsci”, fa
poca differenza.
Il Prigione -
Michelangelo
Buonarroti |
Ecco
in che modo si manifesta l’aspetto più tenebroso di Necessità,il mondo
dell’ “Ombra”.
Fermo
restando che il mondo dell’ Ombra con i personaggi che lo popolano non è che
l’anticamera della luce.
E
proprio perché essa rappresenta, oltre all’aspetto propriamente oscuro e
misterioso, anche la Totalità è solo entrando in contatto con essa che ci si
ritrova sulla via del Sé, nella terra dell’anima.
Nella
mitologia l’Ombra difatti spesso viene rappresentata come il proprio
doppio,amico e nemico contemporaemente.
L’esistenza
stessa dell’ Ombra ha anche la funzione di ripolarizzare la personalità,
rituffandola nell’inconscio
quando
il contatto con esso viene allentato da una forte inflazione dell’ego e della
coscienza razionale.
|
Al
contrario ciò che abbiamo preso e non portiamo più con noi, riguarda tutto ciò
che, in relazione alle indicazioni fornite dal Tema natale e dalla vita stessa,
abbiamo portato alla coscienza, esperito nell’esistenza e quindi integrato,
tutto ciò che grazie alle nostre discese eroiche nel profondo siamo stati in
grado di strappare al buio dell’inconscio e portare alla luce della coscienza.
Rispetto
a ciò siamo liberi, ci siamo adeguati ai compiti richiesti.
Si
può dire allora che, come i pescatori rispetto ai pidocchi, siamo liberi e
condizionati contemporaneamente, liberi rispetto a tutto ciò che abbiamo
integrato, condizionati rispetto a tutto ciò che è ancora immagine di
possibilità, ma non è ancora attualizzato.
Schiavo ribelle,
Michelangelo Buonarroti |
Dice
Neumann: “il compito dell’eroe è risvegliare quelle immagini che vogliono e
debbono uscire dalla notte, per conferire al mondo un volto migliore.”
L’eroe
non è l’uomo comune che vive nel mondo del “si dice” e del “si fa”,
ma è colui che conquista la propria anima con sforzo quasi sovrumano e nello
sforzo incontra la propria Divinità.
E’
l’unione mistica tra il Padre e il Figlio nell’anima individuale, ed è
questa una delle tesi che nel lontano 1326 costarono il primo processo di eresia
della storia a Meister Eckart, grande pensatore mistico tedesco.
D’altra
parte il fine ultimo che attende l’eroe è l’integrazione della personalità,
lo spostamento della centralità dall’Io al Sé.
|
E
allora la personalità anziché identificarsi con l’Io si identifica col Sé,
superando anche la relatività che all’Io appartiene.
Schiavo morente, Michelangelo
Buonarroti
|
Ed
andando ancora oltre potremmo dire che la vita potrebbe essere un graduale
spostamento da Necessità ad una forma di Libertà la cui essenza sta nell’eseguire
consapevolmente l’adempimento del proprio destino, quindi nell’esprimere la
Totalità del Sé.
Come
quando una opposizione gradualmente, e secondo il giusto tempo per la coscienza,
si converte in una congiunzione, che utilizza il pieno potenziale delle funzioni
coinvolte.
In
questo senso il Tema natale è l’immagine archetipica del Sé, una mappa
topografica dei territori sconfinati dello Spirito, che attraverso il simbolo ci
mostra “come diventare ciò che si è.”
Ogni
Tema natale è un’istantanea di una scena olimpica diversa, del salotto degli
dei, dove le stesse figure immaginali interagiscono tra di loro in modo sempre
diverso, e anche sul piano esterno vengono vissute in modo variegato da quelle
cellule del corpo della Terra che noi siamo.
|
Il
Tema natale è il luogo simbolico dove avviene l’incontro tra l’inconscio
personale e l’inconscio collettivo.
La
carta di nascita ci permette di cogliere il Piano del Sé con gli occhi del
profondo, attraverso l’utilizzo del simbolo, caleidoscopio di immagini etiche
ed estetiche.
Il
mondo del simbolo sta a metà tra la coscienza ed il regno dell’inconscio, ed
ha la potenza di estendere un ponte tra i due mondi.
Jung
ha mostrato che “il simbolo media il passaggio dell’energia psichica
dall’inconscio alla coscienza, in modo che essa possa venire applicata e volta
a scopi pratici.”
E’
un anello di ricongiunzione dell’Io col Sé.
Seguendo
le teorie dei creatori della moderna psicologia del profondo, l’aspetto
numinoso del simbolo, dell’archetipo, rappresenta il lato spirituale, che
dimora nell’inconscio, e che può essere considerato l’elemento fondamentale
per l’evoluzione della coscienza umana.
Ma
c’è anche un altro aspetto del simbolo, che si rivolge alla nostra razionalità,
chiedendo di essere tradotto nel linguaggio dell’intelletto.
L’unione
di entrambi i modi di manifestazione del simbolo agisce sulla totalità psichica
e non solo sulla nostra coscienza.
In
questo senso il compito dell’astrologo come TRAIT D’UNION tra il cosmo e
l’uomo attraverso i simboli, è estremamente affascinante ed importante, perché
alla luce di ciò egli è una sorta di Psicopompo, una guida di anime nel
complesso mondo archetipico.
E
il suo “fare anima” apre una finestra su “Anima mundi”, su un’interpretazione degli eventi in modo immaginale, riuscendo a
cogliere oltre alla loro apparenza sensibile, il lato nascosto e svelarlo,
quello dell’immagine interiore, la loro realtà psichica.
Quindi
lo scopo supremo non è solo quello di prevedere cosa accadrà ad una persona in
un determinato tempo e spazio, ma soprattutto d’aiutarla a collegare ogni
evento, interiore od esteriore che sia, al modello totale di sviluppo della sua
esistenza, considerando come dato estremamente prezioso il livello di evoluzione
a cui la coscienza della persona è giunta.
E
allora è proprio questa la sacralità dell’astrologia: la rivelazione
dell’immagine della propria anima alla coscienza egoica.
Esattamente
come accadeva negli antichi misteri iniziatici, in cui l’iniziando veniva
posto di fronte all’immagine del proprio Sé dall’iniziatore.
E
così per dirla con J. Hillman: “il riconoscimento vincola l’anima ad uno
specifico destino”.
L’interpretazione
di un tema di nascita è quindi una sorta di Teofania, dal greco “Theós” che
vuol dire Dio e “faíno” che vuol dire mostrarsi, apparire, venire alla
luce, da cui deriva la parola italiana “fenomeno”.
Ciò
che accade è un disvelamento dei nostri dei, che, emergendo dalle profondità
ctonie del nostro essere più profondo, si mostrano alla luce, chiedendoci, prima
ancora di attuare qualsiasi forma di trasformazione, di comprendere, con
l’immaginazione attiva, le potenze che governano l’anima.
Ma
non dimentichiamo però uno degli assunti fondamentali della filosofia ermetica,
assunto che troviamo presente da Platone a Jung, e cioè che non conta
solo l’anima individuale, ma anche e soprattutto l’“Anima Mundi”.
Ciò
vuol dire che non si può avere realizzazione individuale al di fuori della
realizzazione dell’intera umanità,così come una singola cellula del nostro
corpo non può salvarsi se esso perisce.
Questo
concetto altri non è che l’insegnamento misterico
dell’ultimo
segno dello Zodiaco, il segno dei Pesci.
Alla
luce di quanto detto,quindi, l’integrazione psichica non riguarda soltanto i
singoli uomini e le loro personalità, bensì, da un punto di vista
gnoseologico, è un fatto di più estrema portata che riguarda tutte le
conoscenze prodotte dall’umano Pensare che oltre a ritrovare Unità nel
Pensiero stesso che tutte le ingloba, perseguono la stessa finalità, la cura e
l’attenzione dell’anima, e celebrano il loro gemellaggio con
l’astrologia:la filosofia, la psicologia del profondo, la psicoterapia,
l’arte in cui il simbolo è sublimato e al limite la scienza (non
dimentichiamo la matematica sacra che è il substrato dell’astrologia), quando
questa anziché preoccuparsi di formulare dogmi di stampo “teologico”
procede verso la ricerca infinita, mai paga dei propri assunti.
Ed
è con questo augurio che concludo, lasciandovi con le parole di un grande
filosofo dell’astrologia, D.Rudhyar, sperando che esse continuino a risuonare
nell’anima di noi tutti.
“A
colui la cui anima è diventata un tempio consacrato del Dio vivente, la cui
circonferenza di sé include potenzialmente l’intero universo, la cui mente
stabilisce le sue formule in termini della riconciliazione di tutti gli opposti,
senza lasciare niente fuori dalla sua logica multidimensionale inclusiva, a
costui Dio risponde come Grazia”.
Pia
Vacante
Catania,
ottobre 2003