Master Tarot

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Master Tarot: la struttura

di Dario Distefano

 

Quarta parte

 

Andiamo ad incontrare le Carte Maggiori dalla n. XVII (Qui e Ora) alla n. XX (Apocalisse), le ultime della nostra divisione per quattro, dal momento che la Carta n. XXI, la Galassia, ci mostra un altro ordine, così come la Carta n. 0, la Cometa, proveniva da questo stesso ordine.

Le Carte Maggiori dalla n. I, il Figlio dell’Uomo alla n. XX, Apocalisse, ci mostrano un percorso che, come abbiamo accennato, con modi e tempi diversi, appartiene alla nostra esperienza umana e terrena.

 Qui e Ora (n. XVII)

La Croce, invece è aperta, e non rappresenta nulla di delimitato o di valutabile: indica un cambiamento di stato, una elaborazione che deve essere subita da un essere o da una sostanza.” (O. Wirth, I Tarocchi, p. 97).

Il suo nome semitico significa segno, intaglio, carattere di scrittura o lettera per eccellenza, senza dubbio perché la mano traccia da sola questa firma da analfabeti. Questo segno universale si compone di due tratti, uno orizzontale, disteso, passivo, femminile, l’altro verticale, eretto, attivo, come per rappresentare l’azione dell’energia maschile che penetra e feconda. Anziché collegarsi alla morte, la Croce + è quindi essenzialmente un segno di vita, di congiunzione fecondatrice e di potere redentore.” (ibidem, p. 100).

Nella Carta Qui e Ora la croce è una croce di luce che irradia il suo potere verso tutte le direzioni. Il suo nome è Qui e Ora perché rappresenta l’eternità del momento presente. Momento presente che è spazio, Qui, unito al tempo, Ora.

L’apertura o la percezione del momento presente, qui e ora, segnano una frattura nel continuo spazio-tempo, nel senso che il prima, quello c’era prima, o meglio il nostro modo di percepire che utilizzavamo prima, non è più utilizzabile dopo.

Dopo che cosa? Dopo essere calati, ma vorrei dire, inchiodati alla croce del qui e ora. Non ci possiamo muovere, nel senso che per un momento non possiamo andare con il corpo da una parte, la mente da un’altra, il cuore da un’altra ancora e così via. No, siamo inchiodati, per intero, al momento presente, proprio Qui, proprio Ora, mentre state leggendo.

La mente è qui dove è il corpo, il cuore, la sensazione, ecc; il corpo è qui dove è la mente, il cuore, la sensazione e così via.

Come ci siamo arrivati? Come siamo finiti Qui e Ora? Poco importa: un dolore immenso, una gioia inesprimibile, un momento di puro vuoto. Forse ci siamo preparati, abbiamo lavorato, meditato, pregato, danzato, fatto l’amore, vissuto in castità, poveramente o in mezzo alla ricchezza.

C’è tutto un prima che, però, dopo non è molto importante. O forse non c’è stato tutto un prima... e non c’è tutto un dopo...

Quando dico che il momento presente include tutto il passato, il presente e il futuro, è importante ricordare che questo stesso momento non esiste. È anch’esso un altro concetto. Ogni idea ci vincola e ci limita.” (Bernie Glassman, Cerchio Infinito, p. 61)

“Anche il concetto di momento presente mi limita se mi attacco ad esso. Liberatevi anche di tale concetto... Il punto è che il nostro concetto di momento presente non è il momento presente così come è, è soltanto un concetto.” (ibidem, p. 62)

Permettetemi di concludere con questo aneddoto del Buddha tratto dal libro di Claudio Lamparelli 399 Meditazioni Zen: “Una volta un moribondo fece chiamare il Buddha e gli disse: <So che tu insegni la via della salvezza. A me rimane poco tempo da vivere; dimmi che cosa posso fare qui e subito.> <Fermati alla sensazione!> gli rispose il Buddha” (p. 141)

Osservate la croce: c’è un punto dove il braccio orizzontale dello spazio si incrocia con il braccio verticale del tempo. Lì, in quel punto preciso, è spazio o tempo?

Celebrazione (n. XVIII)

 Il Maestro con le braccia alzate in grande esultanza, sopra di lui un ramo con foglie verdi e , tra le foglie, le ghiande. Il suo corpo è circondato da un’aura color oro: è il momento della resurrezione o rinascita e della celebrazione.

Esistono due termini al riguardo: Grande Morte e Grande Rinascita. Grande Morte è vedere che ogni cosa è un’unica cosa, che non ci sono entità separate. Non c’è me; sono completamente morto. Ogni cosa è morta della Grande Morte. Non ci sono bastoni, fiori, alberi. Quando cogliamo veramente questo stato, quel momento è anche la Grande Rinascita, che consiste nel comprendere che ogni cosa esiste e agisce magnificamente e completamente così come è. Esse sono lo stesso stato. Come non ci può essere la Grande Morte senza la Grande Rinascita, così non ci può essere prajna, la saggezza, senza la compassione (o viceversa)” (Bernie Glassman,ibidem p. 38)

Celebrazione è la danza della vita e della morte che esistono in un movimento continuo, incessante, non divisibile.

Celebrazione è la danza di Shiva o della paurosa dea Kali. Celebrazione è la danza di tutti gli archetipi divini che sono resuscitati dalla morte. Celebrazione è la danza di tutti noi, piccoli e mortali, quando riusciamo a rinascere momento per momento. Celebrazione è la danza della vita che si manifesta nella grande quercia e nella piccola ghianda, perché la grande quercia porta con sé la piccola ghianda e la piccola ghianda ha in sé già tutto il potenziale della grande quercia.

Celebrazione è vedere chiaramente che “ogni cosa è sin dall’inizio perfettamente illuminata”. È una gran festa, sono le risate fragorose dei maestri taoisti, o come dice un maestro zen a proposito dell’illuminazione, è la stessa esperienza di tutti i giorni vissuta però ad un palmo da terra.

Celebrazione è il superamento non tanto della morte, quanto del dualismo vita-morte, è quella condizione in cui “non si viene e non si va”.

Lo Spirito (n. XIX)

Un grande sole con il nucleo rosso circondato da fasce gialle che emana miriadi di fiammelle. Una gran folla di persone, di cui vediamo solo le teste, riceve queste fiammelle. È il battesimo con il fuoco e lo spirito di cui aveva parlato il Profeta Giovanni, ed è un battesimo che è disponibile per tutti.

La carta richiama almeno altre tre carte: la n. VI, il Profeta, con quella ciotola che contiene acqua e fuoco, l’acqua dei sentimenti e delle emozioni e il fuoco dello spirito, che devono integrarsi fra di loro nel percorso verso la completezza; la n. IX, i Discepoli, quel gruppo di persone che nel camminare con il maestro diventano maestri, o santi, anche loro (l’illuminazione cerca l’illuminazione); infine, la n. X, il Miracolo, perché questo è il più grande miracolo a cui possiamo aspirare, riconoscere in noi la scintilla del divino, il dio interiore, la buddhità originaria.

Questo momento è un momento collettivo: ritorna nuovamente l’importanza della comunità, del sangha o del gruppo che, potenzialmente, è il Tutto. Anche se a volte possiamo sentirci isolati e sfiduciati, circondati dall’indifferenza, chiusi in noi stessi, possiamo avere fiducia che non siamo soli e che, anche materialmente, siamo sostenuti, accompagnati, compenetrati da tutto quello che ci circonda e non dobbiamo fare altro che sostenere, accompagnare, compenetrare tutto quello che ci circonda.

Ricordiamoci di quali sono i doni tradizionali della discesa dello Spirito: dapprima il parlare in altre lingue, poi la possibilità di guarire gli altri. Se non ci fermiamo al significato letterale, possiamo capire che questi doni sono veramente alla nostra portata.

Nello zen si parla di comunicazione da cuore a cuore e un profeta laico moderno, J. L. Moreno inventore dello psicodramma, diceva che “ogni persona può essere agente terapeutico per un’altra”.

Credo che non dobbiamo avere paura o rifiutare parole ed espressioni che ci possono sembrare o troppo elevate per noi o malamente utilizzate nel corso dei secoli. Spirito, miracolo, guarigione, amore, compassione non sono solo cose da santi o maestri; né d’altra parte, oggetti da considerare con scetticismo o cinismo. È un miracolo la vita quotidiana sulla terra; i poeti scrivono perché sono canali per lo spirito; una nostra carezza, o una carezza che riceviamo, una parola amorevole è un momento di cura; innaffiare le piante, dare cibo agli animali, andare a trovare i vecchi genitori, sorreggere i bambini ai primi passi, unirsi con un’altra persona, voi come lo chiamate?

Certo, se siamo abbagliati dagli effetti speciali, se siamo letterali, se siamo alla ricerca di poteri mistici, tutto questo ci sembra niente: ma quanto ci perdiamo, quanti odori, sapori, colori, sensazioni non sappiamo gustare e non sappiamo vedere nella loro realtà, nel loro essere cosi come è.

Il vecchio Lao Tse insegna: un lungo viaggio comincia con un passo, un’alta torre con un paniere di terra. Permettetemi di aggiungere che la discesa dello spirito, esserne consapevoli, comincia da qui, dall’essere presenti.

Apocalisse (n. XX)

Per noi è diventata, l’Apocalisse, sinonimo di catastrofe, di fine del mondo, di giudizio finale, ma letteralmente significa manifestazione, rivelazione, scoperta.

La Carta ci mostra una sfera, il nostro pianeta che esplode dal di dentro mettendo alla luce un nucleo di luce che irradia in tutte le direzione. Una sorta di caduceo alato si innalza da questo centro luminoso.

Anche questa è una carta collettiva e individuale insieme.

Collettiva perché riguarda tutti noi che collettivamente sembra vogliamo dirigerci verso l’esplosione, riguarda la stessa terra sottoposta a uno stress incredibile da forze esterne, l’uomo, e da forze interne, telluriche e ctonie.

Individuale perché ognuno di noi ha costruito ed è stato aiutato o costretto a costruire intorno a sé strati su strati di sovrastrutture inutili, limitanti, soffocanti. Chi c’è dentro?

Eppure qualcosa urge, preme: la pentola è sotto pressione e se non agiamo c’è il rischio di una esplosione incontrollata.

Un ricordo personale: alla fine del primo seminario che ho fatto con Prembodhi con questo mazzo di carte, prima di partire per tornare ognuno alle proprie città, abbiamo preso una carta coperta dal mazzo come sintesi e come prospettiva per il futuro. Io fui scelto proprio dall’Apocalisse. Allora mi sembrò un segnale impegnativo ma fecondo per la mia vita, per situazioni che mi stavano strette ma che non avevo il coraggio di modificare o lasciare. Gli anni successivi, sì perché alcune carte secondo me hanno effetti prolungati nel tempo, furono veramente anni di rivolgimenti, esplosioni e rivelazioni sia esteriormente che interiormente. Persone, oggetti, affetti: tutto è stato sottoposto a esplosione e rivelazione, ma se dovessi dire sinceramente se era meglio prima, direi di No.

Oggi, a distanza di anni e di altre esperienze, potrei definire questa carta come una di quelle carte epocali nella vita di un individuo ma, almeno per la mia piccola esperienza, non della fine del Mondo, ma della fine di alcuni dei mondi particolari in cui viviamo e di cui siamo composti.

Perché l’Apocalisse apre la porta a quel viaggio verso la Galassia (n. XXI) di cui ho accennato all’inizio. Quale Galassia? Questa in cui viviamo.

Termina così questo veloce viaggio attraverso le XXII Carte Maggiori del Master Tarot. Non ho avuto la pretesa di una presentazione esaustiva, ma semplicemente cercare di offrire alcune riflessioni personali, alcune impressioni e suggestioni.

Questo, d’altra parte, è il mio modo di “corteggiare”i Tarocchi: leggere, studiare, sognare, avere l’orecchio e l’occhio aperti alle intuizioni, alle domande, ai dubbi.

Dobbiamo soltanto stare attenti,

presto cominceranno a parlare,

schiudendo sommessamente i loro segreti.

                                                (Rudolf Bernoulli)

 

     A presto, spero, per continuare a parlare delle Carte Minori e delle Carte della Gente.

 Dario Distefano

Aprile 2005

 

 

    Master Tarot: la struttura - prima parte

              Master Tarot: la struttura - seconda parte

         Master Tarot: la struttura - terza parte

 

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Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011