Ogni
mattina, quasi senza accorgercene, indossiamo la nostra “maschera” e
usciamo. Abitudini, lavoro quotidiano, ruoli da svolgere, aspettative
degli altri, autoconvinzioni, ci portano gradualmente a consolidare, sul
nucleo centrale del nostro Io cosciente, un aggregato psichico, che per
comodità possiamo chiamare “Ego”, che ragiona e pensa a se stesso
pensante, un centro di consapevolezza.
Ma
noi, come ci percepiamo? Dipende da come si è
sviluppata la nostra consapevolezza, da quanto si è allargata la sfera
del nostro “Io” conscio rispetto all’inconscio
che lo avvolge. Può essere utile aver presente lo schema della
nostra psiche, ideato da Roberto Assagioli.
Possiamo
raffigurare la nostra psiche come un ovoide, al cui centro
luminoso si trova la sfera della coscienza. Nella parte bassa
c’è il sub-conscio, sede delle funzioni più elementari della
psiche: rimozioni, istinti, impulsi. Nella parte alta troviamo
l’inconscio superiore, sede delle funzioni più elevate:
l’intuito, il pensiero, l’immaginazione. Ogni “Io”, o
“Sé”, è collegato con un “Sé” superiore, la parte
spirituale che si incarna in un corpo, ma che rimane legato al
“Sé transpersonale” (o “Logos”, “Tutto”,
“Assoluto”, o comunque si voglia definire l’entità
trascendente che
tutto muove e permea).
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L'ovoide
della psiche, di Roberto Assogioli |
Ma
torniamo al nostro “Io”, così piccolo ma così esigente, a volte
arrogante! E’ il nostro strumento, ciò che ci permette di conoscere,
sperimentare la vita e relazionarci con l’esterno. Come tutti gli
strumenti, di per sé è neutrale, ma può essere un aiuto o un ostacolo
alla nostra crescita. Nel corso della crescita, la nostra personalità
si forma, si evolve, si modifica, a seconda delle circostanze familiare,
delle esperienze, della cultura acquisita.
In
ogni stadio della nostra vita, noi adottiamo delle strategie di
“sopravvivenza” che, specie da bambini, sono per lo più inconsce.
Pensiamo ai bambini “seduttivi”, che ottengono tutto con la dolcezza
e, all’opposto, ai bambini “terribili”, che ottengono lo stesso
tutto, ma perché strillano e rompono. E, più avanti, lo studente
“modello” e il “bullo”, la ragazza “che ci sta” e la
“virtuosa”, il “buon padre di famiglia” e lo “scioperato”
antisociale, e così via.
Quei
comportamenti che noi abbiamo adottato in determinate circostanze, e che
allora ci servivano, con il tempo diventano abitudini, riflessi
condizionati, abiti che
ci sembrano una seconda pelle. Per questo motivo, noi accumuliamo un
certo numero di modelli o maschere comportamentali, che
nella psicosintesi vengono chiamate
“sub-personalità”.
E’
come se, all’interno della nostra psiche, ci fosse un piccolo teatro
con tanti attori con ruoli diversi. Uno di loro sarà il primo attore,
la nostra “maschera” consapevole, l’identità che accettiamo, le
altre saranno in secondo piano, ma pur sempre vive e desiderose di
attirare l’attenzione. Fino a quando non le “scioglieremo”,
riconoscendole e superandole in una “sintesi” più alta, le
sub-personalità toglieranno energia ai nostri programmi consapevoli:
dobbiamo dare spazio a tutti, perché diversamente nel nostro inconscio
una parte (o più) di noi cercherà di andare per conto suo, anche in
contrasto con i nostri progetti.
Il
primo passo da fare, per liberare le nostre energie e uscire dalle
spinte contraddittorie delle sub-personalità, è riconoscere le nostre
sub-personalità, capire come si sono formate e se sono ormai superate.
A quel punto, potremo cominciare a lavorare per trasformarle, attraverso
un lavoro di integrazione, che porterà ad una “sintesi”, alla
nascita di una personalità armoniosa e arricchita di nuove componenti.
Sciolte
le sub-personalità, diventa importante riaggregare le energie psichiche
così liberate in un “modello ideale”, ciò che noi siamo veramente,
anche se forse lo abbiamo dimenticato!
Quando
nasciamo, tutti noi abbiamo un progetto da realizzare, ma con il passare
del tempo a volte lo dimentichiamo. Per fortuna è possibile
recuperarlo, ci sono varie tecniche che ci possono riportare sulla
“retta via”, quella di una piena realizzazione in questa vita... ma
questo è un altro discorso!
Pippo Palazzolo
giugno 2005