 |
Blade Runner –
Director’s Cut
di
Ridley Scott
(U.S.A.,
1982, 117’)
di
alessandro de filippo
|













|
Piove
a Los Angeles, nel 2019. Piove
in continuazione e il sole non sorge mai; forse è colpa
dell’inquinamento, forse della tristezza che pervade tutte le persone.
È una notte continua, tipica ambientazione del genere noir; una notte da
incubo di Füssli, in cui i mostri però non sono nani deformi, con sulla
faccia un ghigno criminale, accucciati sul nostro ventre: hanno invece il
nostro stesso volto, stesso odore, stesso sudore, anzi sono più perfetti
di noi umani, perché sono la razza eletta. Ecco, i replicanti, i mostri
che si sono ribellati alla ragione umana, all’organizzazione sociale
umana, che si sono ribellati all’umana gerarchia, sono degli esseri
perfetti, tutti forti e muscolosi, tutti belli, in una sorta di arianesimo
tecnologico. E allora l’uomo, artefice di queste creazioni, artefice di
queste perfezioni da laboratorio decide di mettere loro una tara, di
arginare la loro deità: li rende cioè umani, da divini li riduce a
semplici mortali. Così il tempo (solo 4 anni di funzionamento) diventa
l’unica malattia dei replicanti e il Padre Uomo diviene il nemico da
uccidere, perché questo è il destino amaro: come Edipo uccide il padre,
così l’ultima generazione di replicanti, Nexus 6, acceca e
assassina l’ingegnere genetico che li ha inventati e costruiti. La loro
volontà di potenza, che li rende esseri superiori viene paragonata alla
luce della candela che brucia contemporaneamente dai due lati: darà il
doppio della luce, ma brucerà in metà del tempo…
Questo
è il futuro tecnologico sognato dall’uomo moderno, questo è quello che
Goya ha dipinto ne “il sonno della ragione genera mostri”: la
perfezione maledetta di un’umanità senza anima. Una ricerca senza
principi morali è un viaggio senza direzione: per questo il capo dei
replicanti, poco prima di morire, prima di essere suicidato con la
scadenza dei suoi 4 anni, lancia l’ultima maledizione al genere umano:
il significato della vita è stato disperso nel nulla e l’umanità ha
scelto di non avere futuro: «tutto questo andrà perduto, come lacrime
nella pioggia».
alessandro
de filippo
adefi@tiscali.it
maggio
2005
|
l'autore:
Alessandro
De Filippo vive e lavora a Catania. Si occupa di critica cinematografica e
televisiva; tiene annualmente cicli di lezioni di «Tecnica
Cinematografica» e «Teoria Cinematografica» presso la Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università
degli Studi di Catania; ha realizzato numerosi corsi-laboratorio di
educazione all’immagine, rassegne cinematografiche e un workshop sulle
costanti linguistiche del cinema hard-core, programmato in diversi
festival italiani e all’interno del Triple X
di Ljubljana e dell’InterFilm Festival Berlin. Da
settembre 2001 è docente di Lettere.
È
autore
di cortometraggi, documentari e installazioni video: Occhio nudo
(1994) Raus (1996) Birds as punctuation (1998) Joy
(1999); Lebeul me (2001).
Direttore
della fotografia e operatore di ripresa realizza nel 1998 la docufiction
RAI Rimedi contro l’amore,
vincitore del Nastro d’Argento come miglior mediometraggio; nel 1999 il
documentario RAI su Minimalia – una visione del XX secolo, mostra d’arte contemporanea a
cura di Achille Bonito Oliva, girato nel museo P.S.1
di New York; nel 2000 è ancora direttore della fotografia del
documentario RAI Lava Flow, sull’arte contemporanea catanese; sempre nel 2000 è
direttore della fotografia della fiction Strike
a light,
presentata al Festival di Cannes; per la televisione svizzera, cura la
fotografia del documentario What is love? sulla Zürich Street
Parade.
Nel
1996 entra a far parte del gruppo Cane CapoVolto; insieme agli
altri due membri, Enrico Aresu e Alessandro Aiello, compie una ricerca
radicale sui media dello Spettacolo; come membro del gruppo, è
rappresentante italiano all’Experimental
European Cinema Project, simposio organizzato a Tokyo dal
cineasta sperimentale e scrittore Yann Beuvais, per l’Istituto Franco
Giapponese.
Collabora
con il sito http://www.postcontemporanea.it/
.
Per
contattarlo: e-mail adefi@tiscali.it.
|
ombre 001:
Ombre, bianco contro nero
ombre 002:
Arlington Road, di Mark Pellington
ombre 004:
Pane e fiori, di Mohsen Makhmalbef
ombre 005: Bread
and Roses, di Ken Loach
ombre 006: Slam,
di Marc Levin
ombre 007: Do
the Right Thing, di Spike Lee
Home
Page
|