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Cinema - ombre 004 

 

Immagine dal film "Nun va goldun"

 

 

 

 

 

 

 

Mohsen Makmalbaf - foto di Maryam Zandi, tratta da www.qoqnoos.com/body/photography/zandi-maryam/P12.htm

pane e fiore / Nun va goldun

di Mohsen Makhmalbaf (Iran/Francia, 1996, 78’)

 

Il pane serve a nascondere un coltello. E il coltello a ferire un poliziotto, per rubargli la pistola d’ordinanza. La pistola serve ad insorgere e ribellarsi.

     La differenza sostanziale tra arte epica e arte drammatica è nel modo in cui si esprime il conflitto: nell’epica il conflitto viene raccontato, mentre nell’arte drammatica si mette in scena, lo si realizza. Il conflitto, drammaticamente, prende forma e vive. Sembra quasi che ciò avvenga senza un perfetto controllo (dell’autore, degli attori, del tecnico delle luci, dell’impresario o capocomico) ed in parte è anche vero: il conflitto da latente diventa patente e prende il sopravvento, diventa reale e razionale.

     Questo è il cinema di Makhmalbaf, un gioco che prima nasconde e poi svela il conflitto, la lotta, la rivoluzione, lo scontro di idee e di generazioni: «io recitavo per la mia vita, recitavo per riprendermi la vita» piagnucola il poliziotto trent’anni dopo. Troppo tardi per piagnucolare (mi viene in mente The weeping song di di Nick Cave, che significa appunto “la canzone piagnucolante”, usata magistralmente in uno strepitoso corto di Wim Wenders, Arisha der Bär und der steinerne Ring): troppo tardi per risolvere il conflitto e riappropriarsi della propria vita, troppo tardi per conoscere, comprendere e poi accettare la verità.

     Makhmalbaf ci mostra una menzogna (il suo film), per rappresentare una verità (un fatto realmente accaduto nella sua giovinezza), che racconta di una menzogna (l’inganno della ragazza, che deve distrarre la guardia, per favorire l’agguato), che dimostra una verità (il conflitto di idee tra poliziotto e rivoluzionario, tra pace in armi e violenza disarmata, tra chi avvolge un coltello nel pane e chi pensa di donare un fiore alla donna amata).

     «E raccontava storie che da vere, raccontandole, diventano inventate, e da inventate, vere» (Il barone rampante, Italo Calvino).

  alessandro de filippo

giugno 2005                                                                           adefi@tiscali.it

 

 

l'autore:

 Alessandro De Filippo vive e lavora a Catania. Si occupa di critica cinematografica e televisiva; tiene annualmente cicli di lezioni di «Tecnica Cinematografica» e «Teoria Cinematografica» presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Catania; ha realizzato numerosi corsi-laboratorio di educazione all’immagine, rassegne cinematografiche e un workshop sulle costanti linguistiche del cinema hard-core, programmato in diversi festival italiani e all’interno del Triple X di Ljubljana e dell’InterFilm Festival Berlin. Da settembre 2001 è docente di Lettere.

È autore di cortometraggi, documentari e installazioni video: Occhio nudo (1994) Raus (1996) Birds as punctuation (1998) Joy (1999); Lebeul me (2001).

Direttore della fotografia e operatore di ripresa realizza nel 1998 la docufiction RAI Rimedi contro l’amore, vincitore del Nastro d’Argento come miglior mediometraggio; nel 1999 il documentario RAI su Minimalia – una visione del XX secolo, mostra d’arte contemporanea a cura di Achille Bonito Oliva, girato nel museo P.S.1 di New York; nel 2000 è ancora direttore della fotografia del documentario RAI Lava Flow, sull’arte contemporanea catanese; sempre nel 2000 è direttore della fotografia della fiction Strike a light, presentata al Festival di Cannes; per la televisione svizzera, cura la fotografia del documentario What is love? sulla Zürich Street Parade.

Nel 1996 entra a far parte del gruppo Cane CapoVolto; insieme agli altri due membri, Enrico Aresu e Alessandro Aiello, compie una ricerca radicale sui media dello Spettacolo; come membro del gruppo, è rappresentante italiano all’Experimental European Cinema Project, simposio organizzato a Tokyo dal cineasta sperimentale e scrittore Yann Beuvais, per l’Istituto Franco Giapponese.  

Collabora con il sito http://www.postcontemporanea.it/ .

Per contattarlo: e-mail adefi@tiscali.it.

 

ombre 001: Ombre, bianco contro nero

ombre 002:  Arlington Road, di Mark Pellington

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Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011