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Rivista del “CENTRO YOGA SHANTI” - Associazione culturale per lo studio e la diffusione della filosofia Yoga di Ragusa - tel. 338-8248366, e-mail: centroyogashanti@tin.it, sito web: www.centroyogashanti.org
Siamo giunti alla pausa
estiva e per tre lunghi mesi non ci incontreremo per la nostra pratica
settimanale. Ci rivedremo ad ottobre, probabilmente il primo martedì. Anzi,
spero che ci vedremo prima poiché l’ultima domenica di luglio è prevista una
classe di yoga in riva al mare, in un posto molto suggestivo dopo Pozzallo
(telefonare per avere maggiori informazioni e avvisare della propria presenza).
Intanto ho già preparato delle pratiche individuali estive, per delle
allieve di buona volontà che ne avevano fatto richiesta. Siete tutti in tempo
per fare altrettanto: chiedete e vi
sarà dato!
Durante la pausa estiva io mi dedicherò alla tesi che sarà discussa il
prossimo anno a giugno e che segnerà la conclusione del mio percorso di studi
nella scuola di formazione per insegnanti Yoga (Federazione
Italiana Yoga). Inoltre, anche quest’anno, andrò a Piacenza, nell’ahram
di Gabriella Cella per un seminario di approfondimento su “Yoga
e Ayurveda”.
Come spunto di riflessione per questa estate desidero riprendere una domanda che
una allieva di Ragusa mi fece qualche tempo fa. La domanda era questa: “Perché
diamo così tanta importanza al corpo e all’ascolto delle sensazioni fisiche
visto che tutti i Maestri ci dicono che non siamo il corpo, non siamo la mente,
ma siamo il Sé immortale, quindi una Essenza che non si identifica né con il
corpo né con la mente?”
Innanzi tutto appare più che evidente che non possiamo non iniziare ad
osservare e conoscere ciò che per
noi è più facile, ciò che ai nostri sensi ci appare più concreto: il corpo
fisico (annamaya kosha). Il corpo è dunque l’oggetto della nostra
osservazione, ma la cosa che più deve interessarci e cercare di capire “chi” è il soggetto che osserva. Chi è quel soggetto “osservante”
che raccoglie le sensazioni ogni
volta che ci fermiamo ad ascoltare? Quando
osserviamo qualcosa noi comunemente diciamo che io che osservo sono il soggetto
e ciò che osservo è un oggetto, qualcosa che è diversa da me e che io sono in
grado di riconoscere e indicare. Perciò se io, durante la pausa tra un’asana
e l’altra posso osservare le sensazione del mio corpo, vuol dire che io,
soggetto osservante, non sono il corpo. Il corpo è l’oggetto della mia
osservazione! Normalmente noi diciamo che la nostra essenza, il nostro centro di
osservazione è la mente e i suoi contenuti: i pensieri. Ma grazie ai lavori di
concentrazione e osservazione profonda noi possiamo renderci conto che noi non
siamo i nostri pensieri perché, anche se per brevi istanti, noi
riusciamo ad osservarli, proprio come osserviamo le sensazioni fisiche. Tutto
questo ci porta gradualmente a realizzare che c’è un’essenza al di sopra
della mente che osserva il corpo e i pensieri. Definire questa essenza?
Impossibile! Perché il nostro linguaggio concettuale è decisamente limitato e
perciò non può definire qualcosa che per sua natura è illimitato. Ogni cosa
per essere definita dalla nostra mente ha bisogno di essere incasellata in una
cornice e perciò separata da tutto il resto. Questa separazione che definisce e
limita un oggetto è del tutto artificiale poiché è creata dalla nostra mente,
mentre nella realtà nulla è separato! Noi riduciamo ogni percezione a un
concetto, le diamo un nome per poterla identificare e riconoscere.
Il mondo in cui viviamo, con i suoi nomi, le identificazioni e categorie, è un
mondo creato dal cervello umano. Il mondo oggettivo diventa riconoscibile
attraverso il processo del nominare, identificare, analizzare e categorizzare; e
anche al mondo interiore, sensazioni, emozioni, pensieri, è stato dato un nome.
Dentro di noi c’è un mondo profondamente radicato fatto di nomi,
identificazioni e valutazioni, che noi chiamiamo struttura del pensiero. Ora
questo mondo concettuale, che è l’oggetto della nostra coscienza, del nostro
Sé, si è così profondamente radicato che siamo arrivati a credere che il
concettuale sia reale e spesse volte confondiamo il soggetto con l’oggetto.
Abbiamo dimenticato che la concettualizzazione è stata creata dal genere umano
per rispondere alle esigenze della vita con la natura.
Allo stesso modo siamo arrivati a credere che il concetto di tempo che abbiamo
creato sia una realtà. Lo abbiamo creato per poter vivere insieme. Come afferma
Vimala Thakar, noi volevamo misurare la vita universale che vediamo attorno a
noi, e nello sforzo di misurare l’eternità dell’Essere siamo arrivati al
tempo concettuale, al tempo psicologico. Il tempo degli orologi ha realtà solo
nella mente umana. E’ un mezzo molto utile per condividere la vita, ma ce ne
dimentichiamo e diventiamo prigionieri di quest’idea del tempo, cominciamo a
farci spaventare dall’idea del domani; e preoccupandoci del domani non viviamo
oggi! Diventiamo vittime dei nostri concetti e delle nostre idee.
La vera conoscenza quindi non può venire attraverso la conoscenza concettuale
ma solo attraverso un percorso esperienziale che man mano fa cadere le false
identificazioni fino a identificarci con quell’Essenza che tutti i Maestri,
tutte le Sacre Scritture ci hanno da sempre indicato: Non sei il corpo, non sei la
mente, sei il Sé immortale, realizza questo! Con queste riflessioni vi lascio alle vostre vacanze, ricordandovi dell’importanza di fare una piccola pratica una o due volte a settimana. BUONE VACANZE E BUONA PRATICA! OM SHANTI Pina Bizzarro
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Direttore: Pippo Palazzolo Registrazione Tribunale di Ragusa n.8/96 - Direttore Responsabile: Faustina Morgante - Editore A.s.tr.um. Ragusa Ultimo aggiornamento: 21 giugno 2011 |