Ahimsa= non- violenza, rispetto,
solidarietà. Il primo passo del nostro cammino!
di Pina Bizzarro
Tutti i testi classici dell’Hatha Yoga pongono
l’accento sull’importanza di una serie di tecniche che favoriscono
l’eliminazione delle tossine dal corpo (ne parleremo più i là in modo
dettagliato) perché con un corpo intossicato sarà molto difficile
padroneggiare gli asana e ancora più difficile applicare le tecniche del
Pranayama e quasi impossibile affrontare le tecniche mentali che portano
allo stato meditativo.
Vi rinnovo l’invito a stare molto attenti nel non cadere nella
trappola di chi, per ragioni esclusivamente economiche, promette di
aprire i chakra in un fine settimana. L’apertura dei chakra, o il
raggiungimento di elevati stati di coscienza, tranne rarissime
eccezioni, si possono ottenere solo se veramente si è lavorato a
lungo su se stessi. Patanjali invece (il quale probabilmente da per
scontato che un certo lavoro sul corpo si è già fatto) mette al primo
posto gli Yama e Nyama, che come abbiamo visto in un numero
precedente di “Shanti Magazine” sono una serie di norme morali,
principi etici e regole per autodisciplinare il corpo e la mente. La
prima importantissima regola che un allievo/a deve rispettare è
Ahimsa, cioè l’astenersi dalla violenza. Dal momento che nessuno di
noi è un serial-killer potremmo a prima vista ritenerci tutti rispettosi
del principio di Ahimsa. Ma noi abbiamo appreso dalla nostra
pratica che più guardiamo in profondità qualcosa e più notiamo dei
particolari che in precedenza non avevamo colto; più allarghiamo la
nostra visuale e più informazioni, dati, riflessioni si aggiungono alle
nostre conoscenze.
Ahimsa è molto più del semplice comandamento “non uccidere”;
Ahimsa ci richiama alla non violenza in tutte le sue forme. Ad
esempio potremmo essere tutti dei vegetariani stretti (vegan) ma
se coltiviamo un atteggiamento critico nei confronti di chi non è
vegetariano già stiamo formulando un pensiero violento nei riguardi di
altre persone che magari non conosciamo bene e non sappiamo perciò le
motivazioni di certe scelte. Personalmente, più di dieci anni fa, mi
sono ritrovata in un gruppo che oltre a seguire un regime vegetariano si
definiva fruttariano/crudista (cioè seguivano una delle
alimentazioni definite più pure, fisiologiche e non-violente). Eppure
ricordo perfettamente come ogni mattina alcune di queste persone si
recavano di nascosto in cucina per scegliersi la frutta migliore e
lasciare agli altri tutti gli scarti! Mi auguro che queste siano solo
delle eccezioni che si sono verificate in seguito a eventi particolari e
non sto certamente affermando che tutti i vegetariani/crudisti
sono delle persone nevrotiche che pensano ad accaparrarsi solo il cibo
per se stessi, tuttavia ho avuto modo di constatare che quando certe
scelte radicali (sia alimentari che di altro genere), non sono
supportate da un altro grado di maturità, da un equilibrio psichico e
da un certo percorso spirituale, portano spesso a forti squilibri
generali sia per il corpo che per la mente. Tutto questo si traduce in
una violenza verso se stessi, oltre che verso gli altri. Un ragazzo
fruttariano (per più di undici anni ha mangiato solo frutta) si
ritrova adesso senza denti, fortemente debilitato, con vuoti di memoria
e un invecchiamento precoce allucinante. Ditemi se questo non è usare
violenza contro se stessi! Tuttavia le nostre storie personali passano
certamente per dei percorsi Karmici alcune volte incomprensibili
per le nostre ordinarie e ristrette considerazioni mentali, quindi
nessun giudizio e nessuna critica per nessuno!! Se ho citato la storia
di questo ragazzo è solo per spiegare concretamente come Ahimsa
non è solo aderire a un particolare regime alimentare. E non vorrei
nemmeno che dal ragionamento fatto sopra qualcuno potesse pensare che il
mio è un invito a mangiare carne! Adesso che si avvicina il Natale quasi
tutte le tavole saranno allietate da piatti a base di zamponi, salsicce,
costate e chissà che altro. Ricordiamoci, almeno noi che abbiamo scelto
il cammino Yogico, che gli animali sono i nostri compagni di viaggio,
anime mute (mute perché noi siano sordi al loro linguaggio
come ci ricorda Ida Caruggi) che ci seguono di un passo sullo stesso
sentiero. Dalla loro sofferenza giunge fino al cielo un grido
silenzioso, che tocca e lacera il cuore di chi lo sa ascoltare. La
sofferenza, quasi sempre giunge dalla mano dell’uomo che di questo regno
inferiore dovrebbe essere l’iniziatore ed il Maestro e invece è il loro
carceriere e assassino. Giuditta Dembech ci ricorda che è opportuno fare
un discorso pacato senza puntare l’indice su nessuno. Fino a quando non
abbiamo consapevolezza dei soprusi e della violenza che noi perpetriamo
sui nostri fratelli minori, siamo in qualche modo meno colpevoli. Quando
invece abbiamo raggiunto un livello maggiore di conoscenza, le nostre
giustificazioni o le riserve morali si attenuano e non possiamo più dire
“non lo sapevo”. Chi ha già intrapreso un percorso evolutivo ha
sviluppato in modo naturale il principio di Ahimsa, che oltre ad
essere non-violenza è solidarietà verso tutti gli altri esseri.
Diventa sempre più naturale amare piante, pietre ed animali e quando
saremo abbastanza sensibili capiremo che anche loro segretamente ci
amano (ci hanno sempre amati!) e ci aiutano senza chiederci nulla in
cambio.
Un sereno Natale e che ogni giorno del nuovo anno
porti a noi tutti tanta luce, serenità e desideri realizzati.
Om
Shanti

Cos’è il Wesak?
(tratto dal libro di Giuditta Dembech
“Conoscere il Wesak” – casa editrice “Ariete multimedia”)
Ricordo
che quanto segue è la continuazione di un articolo pubblicato sul numero
14 di Shanti Magazine e potete trovarlo anche in questo sito nella
pagina
Shanti magazine - luglio 2005
Inoltre vi invito ancora a visitare il sito di
Giuditta Dembech (www.giudittadembech.it)
oltre che per leggere molti articoli interessanti su vari argomenti
potrete essere aggiornati sulle pubblicazioni dei suoi libri, alcuni dei
quali sono in uscita proprio a Dicembre e dunque potrebbero essere
un’interessante idea regalo natalizia.
“Per alcuni il viaggio potrebbe durare un mese, di
cammino a piedi o con mezzi di fortuna, ma è troppo importante per
rinunciarvi…
E’ una valle chiusa su tre lati da montagne in un
declivio dolce. Verso nord-est si restringe e l’imboccatura in questo
punto è chiusa, delimitata da un grande masso. E’ un immenso
parallelepipedo squadrato di quarzite bianca, venata da un minerale
luccicante. Da tempo immemorabile viene utilizzato come altare.
Questa è la valle in cui si svolge il Wesak, un
luogo sacro dove nessuno arriva mai per caso, ma soltanto quando è
chiamato e dunque pronto interiormente. E’ una valle sacra in uno dei
luoghi più magnetici del pianeta.
Ma cos’è il Wesak e cosa lo rende così importante?
E’ una festività orientale molto antica; appartiene alla tradizione
buddista, ma il suo significato è molto vasto, non limitato ad una sola
religione, poiché la Grande Benedizione che viene impartita è destinata
a tutta l’umanità, a tutto ciò che vive sul pianeta.
Il suo significato occulto è in qualche modo
simile a quello della Pasqua Cristiana, del Pesach Ebraico, del Ramadan
Islamico, della festa di luce Mazdea. Tutte ricorrenze in cui si celebra
un “ritorno” una “rinascita”, l’avvento di ua Grande Luce che aiuterà la
crescita, l’evoluzione, la Liberazione degli esseri umani.
Il Buddha. La tradizione narra che cinquecento anni prima di
Cristo, il principe Gautama Siddharta, dopo aver vissuto una giovinezza
dorata tra agi e ricchezze, scelse di abbandonare tutto, scelse la
rinuncia ed iniziò una nuova vita di scesi e meditazione, per
comprendere l’origine della sofferenza nel mondo.
Dopo lunghissimi ani raggiunse il massimo della
illuminazione divenendo così un “Buddha”, cioè un risvegliato. Aveva
trascorso la sua lunga vita nell’ascesi e nell’insegnamento degli ideali
di pace, amore, compassione. Grazie al suo altissimo livello di
evoluzione spirituale raggiunse la perfezione, liberandosi della
necessità di tornare a incarnarsi ancora sulla Terra. Ormai aveva
percorso uno ad uno tutti i gradini della Conoscenza.
Per Lui non c’erano più traguardi da conquistare,
tutte le mete erano state raggiunte, era divenuto la Perfezione
incarnata, un Maestro Perfetto. Il suo compito sulla Terra era ormai
finito… Il monaco e principe Gautama Siddharta, da qui in poi verrà
detto “il Buddha”, cioè l’Illuminato. La sua morte, o meglio il
passaggio nella dimensione di Luce, avviene nell’anno 480 (o forse 483)
avanti Cristo, nel mese di Waisaka (maggio), nella notte del plenilunio.
Immediatamente raggiunge la soglia del Nirvana, il luogo della grande
Liberazione, corrispondente più o meno al nostro Paradiso.Una volta
varcata quella soglia, sarà reso libero dal doloroso ciclo della
rinascita e della morte, si troverà immerso per l’eternità nella luce
della beatitudine. Tutti i Grandi Maestri sono là ad attenderlo, non ha
che da fare un piccolo passo e di tutte le sue vite terrene non rimarrà
neppure il più remoto ricordo.
La grande rinuncia. Una gioia eterna, perfetta ed
incorruttibile si apre dinanzi a Lui, ma proprio quando sta per varcare
quella fatidica soglia, il Buddha si arresta, si volge verso il basso e
guarda il genere umano sul pianeta che ha appena abbandonato…
In un solo colpo d’occhio vede tutti gli esseri
schiacciati dalla sofferenza, dalla fatica, dalle malattie, dalla fame,
li vede esposti alla violenza della natura e dei loro stessi simili. Da
ogni angolo della terra sale fino a lui il grido di dolore di tutte le
creature, dal più piccolo batterio ai minerali frantumati nella
fornace, all’erba calpestata e falciata. Gli giunge il grido degli
animali frustati e macellati, degli uomini, delle donne e dei fanciulli
in lacrime…e il suo cuore compassionevole prova pietà. Proprio Lui, che
è stato definito il Mastro di Compassione non può andarsene, non se la
sente di immergersi per l’eternità nella luce ed abbandonare tutti
questi esseri al loro destino…Sulla soglia della beatitudine, ad un
passo dalla liberazione e dall’oblio il Buddha si ferma, non ha il
coraggio di proseguire…
La Promessa.
Dinanzi a lui sono schierati tutti i grandi Maestri della Gerarchia,
sono là per accoglierlo e dinanzi a loro formula il solenne giuramento:
non entrerà nel Nirvana fino a quando non vi sarà entrato prima di
lui l’ultimo degli esseri umani…Fino a quel momento Lui, il Buddha
rimarrà in amorevole attesa, ed ogni anno tornerà sulla Terra
nel suo corpo di Luce, a portare la Sua benedizione, la
sua mano tesa per aiutare ed incoraggiare la crescita dell’umanità.
(continua nel prossimo numero ...)